Dai capillari alle flebiti il passo può essere breve: la malattia venosa è una condizione clinica che accomuna moltissime donne. È caratterizzata da un difficoltoso ritorno del sangue dagli arti inferiori al cuore, con tutta una serie di sintomi ben noti che si acutizzano durante l’estate: gonfiore, pesantezza, formicolii e crampi, fino alla comparsa di capillari e varici. Sintomi che non vanno sottovalutati, ma che devono invece essere presi come un campanello di allarme. Ma come funziona (o non funziona) la circolazione? Il sangue circola all’interno del nostro organismo attraverso arterie e vasi. Queste ultime riportano il sangue povero di ossigeno dalla periferia al cuore. Quando siamo in piedi, il flusso venoso deve contrastare la forza di gravità. Per favorire questa risalita del sangue, intervengono sia i muscoli del polpaccio sia un sistema di valvole, che si aprono e chiudono per far procedere il flusso di sangue nella direzione giusta e impedirne il reflusso. A causa del disordine della circolazione venosa, le pareti delle vene perdono elasticità e le valvole che regolano il passaggio dal sangue tendono a dilatarsi, provocando appunto i sintomi descritti sopra. Se non curati tempestivamente, i sintomi diventano sempre più persistenti e tendono a peggiorare nel tempo. Ad aggravare la situazione contribuisce la sedentarietà, perché i muscoli del polpaccio se utilizzati poco si contraggono poco. Il risultato è che il sangue non riesce a tornare verso il cuore, aumentano la pressione sulle valvole che con il passare del tempo possono danneggiarsi ulteriormente. “Oltre a essere estremamente diffusa, la malattia venosa è una patologia da non sottovalutare per il suo carattere evolutivo, che passa dagli inestetismi cutanei degli stadi iniziali alle vene varicose, agli edemi, fino alle manifestazioni più gravi come ulcere e flebiti”, spiega Angelo Santoliquido, Direttore Unità di Angiologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma. “La prevenzione, la corretta diagnosi e un trattamento appropriato sono fondamentali per evitare che la malattia peggiori nel tempo, soprattutto in presenza di fattori di rischio”.

 

Sintomi e fattori di rischio

I sintomi più comuni sono formicolio, pesantezza, arrossamento, bruciore, gonfiore, crampi, dolore e prurito; essi tendono ad aumentare la loro intensità nel corso della giornata e in ambienti caldi, mentre generalmente possono regredire con il riposo notturno e con il sollevamento delle gambe. Alcuni sono modificabili (quelli riferiti agli stili di vita), altri sono legati a età, genere e familiarità e quindi non si può intervenire per cambiarli: in questo caso è ancora più importante prevenire, modificando abitudini di vita e mettendo in atto strategie e trattamenti necessari al fine di non far peggiorare la condizione. Ecco i fattori di rischio di cui tener conto:

  • Familiarità, cioè presenza in famiglia di altre persone con disturbi venosi e/o vene varicose;
  • Età, perché essendo una patologia a carattere degenerativo tende a peggiorare con l’avanzare dell’età;
  • Gravidanza (il 30% delle donne sviluppa vene varicose durante la prima gravidanza, il 55% durante la seconda e le successive);
  • Prolungata assunzione di ormoni;
  • Sovrappeso e obesità;
  • Dieta scorretta;
  • Sedentarietà;
  • Professioni che obbligano a lunghi periodi in piedi o seduti;
  • Postura errata;
  • Utilizzo di abbigliamento o calzature non adeguate che ostacolano il ritorno venoso;
  • Abitudine al fumo;
  • Frequenti esposizioni al sole;
  • Stipsi cronica.

Per saperne di più su diagnosi e trattamenti e scoprire il “decalogo per gambe in forma”, continuate a leggere l’articolo dedicato su Silver n. 1 (da pagina 38)!

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